WalLibrary_le pareti esterne

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Rubrica
In questa parte delle news mi dedico alle pareti sia con funzione portante sia con la sola attitudine a perimetrare e chiudere un ambiente. Intendo affrontare una specifica trattazione, riguardante le pareti realizzate con l’ausilio del legno nelle sue differenti specie legnose e capacità portanti. Questo materiale compone ogni parte, assumendo sia la valenza di elemento costruttivo sia quella di elemento di rivestimento.
Mi avvalgo di tutte le possibili opzioni che i testi di riferimento[1] mi consentono di utilizzare, come ad esempio l’impiego del legno lamellare incollato piuttosto che il legno massello nella costruzione dei listelli di un sistema a telaio o piuttosto il contrario nella fabbricazione degli elementi verticali di un sistema ad ossatura portante (pilastro)[2].
Pur riconoscendo diverse classi di resistenza del legno lamellare dettate soprattutto dalla combinazione di lamelle omogenee o composte, mi avvalgo per lo più del tipo GL24h o GL24c. Riguardo al legno massello decido di avvalermi soprattutto del tipo C24 (conifere). Le specie legnose che ritengo di maggiore taglio strutturale sono il pino o piuttosto l’abete.
Da una più attenta analisi sulle specie da impiegare ai fini strutturali ho appreso che quelle più indicate devono confidare in una serie di aspetti congeniti: la ridotta presenza di nodi, un ragionevole compromesso tra resina e tessuto fibroso (+ o - resinoso), una struttura fibrosa con meno imperfezioni possibili per ridurre l’effetto di inarcamento degli elementi confezionati.
Nella fase di dimensionamento degli elementi con finalità strutturali è significativo considerare la direzione delle fibre, per non incorrere nel rischio di sottostimare la resistenza dell’elemento stesso. I testi confidano dunque nella capacità di saper orientare il verso della fibratura del legno, parallela od ortogonale all’azione sollecitante a seconda che quest’ultima sottopone l’elemento ad una azione flessionale, di compressione, tagliante o combinata.
Inoltre è da ritenersi essenziale il pretrattamento delle superfici dell’elemento strutturale allo scopo di conferirgli capacità ignifuga e per non incorrere nel rischio di essere attaccato da organismi batterici del legno.
Non meno importante risulta anche la regolazione della fase di stagionatura del legno, in quanto da essa dipende la capacità dell’elemento strutturale di preservare tutte le condizioni di resistenza richieste prima e dopo un possibile cambio di temperatura ed umidità interna o esterna.
Alcune ricerche contenute in uno dei testi di riferimento[3] hanno dimostrato che il legno strutturale può subire dei ragionevoli decrementi di resistenza meccanica al crescere o all’abbassarsi del livello di umidità presente in ambiente e di conseguenza nel legno.
La temperatura dal canto suo è indotta dal grado di umidità fornito al legno in fase di stagionatura, a seconda che il legno si presenti anidro o a totale imbibizione.
La correlazione tra i due aspetti (umidità-temperatura) è messa in evidenza dal fatto che l’incremento o meno di calore che si riversa in un ambiente tende ad aumentare o ad abbassare la temperatura interna, andando ad intaccare anche la percentuale di umidità che si raccoglie nel legno.
Dal testo di G. Giordano si apprende che ai fini di un opportuno dimensionamento degli elementi strutturali occorre impiegare dei coefficienti di maggiorazione per un cambio di stato da anidro a imbibito del legno (aumento del carico di umidità), qui di seguito semplificato:

[1] L’elenco dei testi di riferimento è il seguente:
M. Boscolo, Prontuario delle costruzioni, 2° edizione Legislazione Tecnica-Ottobre 2013 (Il legno strutturale, pp. 457-499);
G. Giordano, Tecnica delle costruzioni in legno, edizione Hoepli, quinta edizione, 2003;
Nella scelta delle tecnologie e dei materiali mi sono avvalso anche di fonti internet. Tra queste in particolare ho reperito documenti pdf della promolegno, KLH® e Rockwool®.
[2] Da alcuni miei studi analitici ho potuto constatare che la resistenza caratteristica a compressione del legno lamellare incollato e costituito da lamelle composte essendo minore rispetto a quella di un legno lamellare ordinario (GL24c: fc0,k = 21 N/mm²; GL24h: fc0,k = 24 N/mm²) esige un incremento di dimensioni dell’elemento. Un legno di conifere o pioppo massiccio possiede una resistenza a compressione parallela alla fibratura pari a 21 N/mm² (C24), identica a quella di un LLI composto.
[3] G. Giordano, Tecnica delle costruzioni in legno, Hoepli, 1999 [2003] (paragr. 3.3.1 e 3.3.3.4);
Entrando un attimo di più nell’ordine delle specie legnose che possono ritenersi indicate nell’impiego strutturale, riporto qui di seguito delle precisazioni tratte dal testo di G. Giordano (§ 5.1.2 – Legnami da costruzione forniti dalle Conifere italiane ed europee):
Conifere italiane
Abete
Con il presente termine si intendono due generi botanici ben distinti (picea e abies). Il primo dei due generi (picea) è rappresentato dall’Abete rosso, presente sulle Alpi del territorio nazionale. Il genere abies (Abete bianco) è presente su tutte le Alpi e in varie zone appenniniche (Emilia, Toscana, Molise, Campania e Calabria).
Ambedue le specie presentano un fusto slanciato e regolare (Ø 60-70 cm, altezza 34-40 m).
La tessitura di entrambe le specie è media e la loro fibratura si presenta normalmente diritta e regolare. Il ritiro da essicazione è da basso a medio, la nervosità modesta (deformazione per imbarcamento e svergolatura). La ramosità (quantità di nodi) dipende dalla densità della foresta.
Larice
In Italia è presente allo stato spontaneo in tutta la catena alpina. Si presenta con fusti di diametro pari a 1 m e altezza di 35-40 m. Presenta un elevato contenuto di resina, con tessitura media ed una fibratura spesso deviata (difetto pregiudizievole). Il ritiro da essiccazione è medio e lo stesso può dirsi per la nervosità (deformazione per imbarcamento e svergolatura).
Pino
La specie del pinus è presente in Italia sotto due differenti declinazioni (silvestre e laricio). Il pino silvestre è presente su tutta la catena alpina allo stato spontaneo, mentre il pino laricio o silano forma comprensori di modeste dimensioni nella Sila, nell’Aspromonte e sull’Etna. Il primo raggiunge altezze di 35-40 m ed un diametro di 70-80 cm, con alberi che solo in determinate condizioni ambientali si mostrano diritti e regolari. La tessitura è media. Il pino laricio presenta fusti di ottima forma che raggiungono altezze fino a 35-40 m e un diametro di 1 metro. La tessitura è media, la fibratura abbastanza diritta. La nodosità si rivela consistente nella parte alta, il ritiro è da definirsi medio.
Una parte altrettanto rilevante è assunta dalla specie legnosa che si intende utilizzare per l’esterno, come materiale di rivestimento finale.
L’azione provocata dalle intemperie e dai repentini cambiamenti di clima (temperatura delle facciate e loro incremento-decremento di umidità) può pregiudicare il compito del materiale di rivestimento. Esso deve nel contempo regalare un aspetto gradevole al supporto e mantenere un alto livello di protezione.
Ciò che se ne deduce è la necessità di fornire all’involucro edilizio un’attenta valutazione delle proprie caratteristiche di resistenza in ragione della specie legnosa e della zona climatica. La specie più indicata deve mantenere costante nel tempo una serie di funzioni: collaborare con il supporto nell’attenuare l’ingresso del calore estivo e la fuoriuscita di quello prodotto dall’impianto in inverno; limitare e/o oscurare il passaggio della luce solare; proteggere gli strati del supporto.
Da una semplice ricerca in internet è possibile apprendere quali sono le specie legnose ritenute più idonee per assolvere tali funzioni. Personalmente ho appreso che quelle più adatte sono il larice, l’abete e il cedro. Di queste soltanto l’abete ha bisogno di un pretrattamento a base d’acqua.
TIPOLOGIE DI PARETE OPACA

Il sistema portante consiste in un telaio di listelli in legno di abete disposti ad interasse di 60 cm. Sul lato interno un doppio strato di Kartonsan di 16 mm ed un intonaco di argilla conferiscono alla parete una maggiore capacità termica e una migliore regolazione dell'umidità e del livello di salubrità dell'aria.
Sul lato esterno il pannello OSB migliora l'irrigidimento della parete nel suo piano. Un ulteriore strato di isolante elimina i ponti termici, il rivestimento di facciata per ultimo eventualmente areato mediante intercapedine aumenta il ritardo di ingresso del calore estivo.

In questo sistema l'orditura ripete quella del caso precedente, con la sola aggiunta di listelli obliqui inseriti nello spazio frapposto tra uno strato d'isolante di 60 mm e l'altro. La loro funzione consiste nell'irrigidire la parete nel suo piano.
Gli strati di materiale posti all'interno e all'esterno concorrono a rendere il tutto solidale sotto il profilo della capacità termica. La trasmittanza termica in regime stazionario della parete presenta un valore al di sotto di quello stabilito dal DM 26/07/2015 per ogni zona climatica (0.43-0.24 per il 2021).

Un ulteriore versione del sistema a telaio consiste nel disporre due strati di tavole oblique e speculari sui lati opposti dei listelli portanti. Questa tecnica è impiegata dalle aziende di settore. Nella mia proposta ho aggregato degli strati di materiale ad alta densità termica sul lato interno e una facciata ventilata sul fronte esterno. Questa combinazione di strati accentua i valori di trasmittanza della parete, rendendola ottima anche ai fini del raffrescamento estivo.

Nel presente caso la parete confida in un'ossatura portante realizzata mediante pilastri in legno lamellare incollato o legno massello. La dimensione del pilastro può determinare lo spessore dello strato isolante. In questa versione di parete ho aggiunto su entrambe le facce dei pannelli di Kartonsan, allo scopo di incrementare la capacità termica e il ritardo di flusso di calore proveniente dall'esterno nel periodo estivo.

In questa versione modificata di parete ad ossatura portante ho deciso di aumentare lo spessore di materiale ad alta densità, al fine di migliorare le prestazioni interne. I blocchi Krioton di 80 mm consentono una maggiore captazione e trattenimento del calore che l'impianto riversa all'interno dell'ambiente. La loro capacità è duplice: consiste nel contribuire alla resa della parete dal lato della dispersione termica e nel riversare il calore trattenuto ad impianto acceso all'interno del locale una volta spenta la caldaia.
I valori di trasmittanza e di sfasamento in regime variabile confermano l'elevato livello di efficienza della parete.

In questa versione di parete esterna la funzione portante è assolta da due pannelli multistrato X-Lam. Ognuno dei pannelli è pensato per assolvere pienamente tale funzione mediante tre strati di lamelle di 30 mm (BSP 90).
La scelta di avvalermi di due pannelli al posto di uno compatto consiste nel cercare di accrescere il valore di sfasamento della parete. Questa condizione è garantita dal triplo strato di Kartonsan posto tra i due pannelli portanti, resi solidali tra loro mediante listelli posizionati a distanza regolare (60 cm).
Sul lato interno sono posizionati altri strati di Kartonsan con lo scopo di regolare l'apporto termo-igrometrico del locale riscaldato.
NB: una copia pdf scaricabile è presente nella pagina HOME.